La distillazione dell’AI: il segreto per un’intelligenza più leggera o una guerra tra titani? - I settimana di Aprile 2025
di Claudia Giulia Ferraùto
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Stasera alle 19,30 ci sentiamo su Twitter X per l’incontro del ciclo “Newsletter & Chip(s)” - l’ospite della serata sarà il vicedirettore Marco Pratellesi, con cui parleremo dell’impatto dell’intelligenza artificiale (IA) sul giornalismo, offrendo una prospettiva equilibrata tra opportunità e sfide. QUI.
La distillazione dell’AI: il segreto per un’intelligenza più leggera o una guerra tra titani?
Proviamo a immaginare un professore geniale, dalla mente enciclopedica, che decide di trasmettere il suo sapere a uno studente brillante e agile, in grado di muoversi con rapidità dove il maestro, appesantito dalla sua vasta conoscenza, non può arrivare. In sintesi, questo è il concetto di distillazione nell’intelligenza artificiale: un processo che trasforma modelli enormi, dispendiosi in termini di energia e risorse, in versioni più efficienti, preservandone quasi integralmente la "saggezza". Tuttavia, dietro questa apparente magia tecnologica, si cela una contesa che potrebbe ridefinire il futuro dell’AI.
La distillazione non è un fenomeno recente: da anni viene impiegata per ottimizzare le reti neurali, un po’ come si farebbe con una valigia sovraccarica prima di un viaggio. Il processo prevede un modello "maestro"- un LLM di grandi dimensioni, addestrato su enormi quantità di dati - che trasferisce le sue conoscenze a un modello "studente" più contenuto, il quale apprende sia dai dati grezzi sia dalle intuizioni del modello di partenza. Il risultato? Un’intelligenza artificiale capace di operare su dispositivi meno potenti, con un consumo energetico ridotto, e potenzialmente utilizzabile anche su smartphone. Si tratta di una trasformazione graduale che promette di rendere l’AI accessibile a un pubblico più ampio, superando la concentrazione nelle mani delle grandi aziende della Silicon Valley.
Ovviamente il quadro non è privo di ombre. Le grandi aziende, che hanno investito ingenti risorse nello sviluppo dei loro modelli avanzati, percepiscono la distillazione come una potenziale minaccia. Per quale motivo? Se immagini di dedicare anni alla messa a punto di una formula esclusiva, per poi scoprire che qualcuno la sta replicando con una tecnica semplice e rapida, è facile capire il nodo dello scontro. Questo è il timore di aziende come OpenAI: che le loro creazioni tecnologiche vengano "distillate" da terzi, eventualmente senza autorizzazione, compromettendo il loro primato sul mercato. Un episodio recente ha suscitato notevole clamore: DeepSeek, una startup cinese, ha realizzato un modello competitivo a costi estremamente contenuti, alimentando sospetti di appropriazione indebita di conoscenze da parte di colossi occidentali. Si tratta di una pratica eticamente e legalmente discutibile? L'argomento è oggetto di intenso dibattito.
Inoltre, c’è anche la questione tecnica. La distillazione è un processo complesso, realizzabile in un'unica fase o attraverso passaggi successivi (analogamente alla raffinazione del vino), oppure mediante l'impiego di più modelli "maestri" per ottenere un modello "studente" eclettico. Tuttavia, ogni approccio presenta delle criticità: un eccessivo frazionamento delle fasi può rallentare il processo, mentre una tempistica inadeguata può compromettere la qualità del modello. Esiste, inoltre, il rischio che il modello "studente" erediti le imperfezioni del modello "maestro", quali pregiudizi o errori, amplificandoli nel tempo.
Qual è, dunque, la ragione di tanto clamore? La distillazione si configura come uno strumento a duplice valenza: da un lato, favorisce lo sviluppo di un'AI più sostenibile e accessibile; dall'altro, mina le basi di un settore fondato su investimenti ingenti e segreti industriali. Si tratta di una narrazione di innovazione e competizione, di progresso e timori, che rievoca un principio secolare: anche in ambito tecnologico, la conoscenza rappresenta potere, e chi la detiene tende a salvaguardarla. Tuttavia, è plausibile che il futuro risieda nella ricerca di un equilibrio ottimale tra condivisione e tutela, analogamente a quanto avviene in un processo di distillazione ben condotto.
A mio parere
La distillazione dell’AI mi lascia con un misto di fascinazione e inquietudine. È davvero possibile ridurre la complessità di un’intelligenza artificiale a una versione più snella senza perderne l’essenza? O stiamo assistendo a una sorta di compromesso inevitabile, dove qualcosa – forse la profondità, forse l’originalità – si smarrisce lungo il cammino? Mi chiedo se il modello "studente", per quanto brillante e agile, possa mai eguagliare la ricchezza di sfumature del "maestro", o se sia destinato a rimanere una copia semplificata, utile ma incompleta.
E poi c’è la questione etica, che mi tormenta. Se la distillazione diventa una pratica diffusa, chi decide quali conoscenze possono essere "distillate" e da chi? È giusto che una startup possa trarre vantaggio dal lavoro titanico di un colosso tecnologico, o dovremmo considerare questo processo una forma di furto intellettuale mascherato da progresso? L’episodio di DeepSeek mi fa riflettere: siamo di fronte a un’innovazione geniale o a un’appropriazione spregiudicata? Forse la risposta dipende da dove tracciamo il confine tra ispirazione e plagio, ma quel confine sembra sempre più sfumato.
Dal punto di vista tecnico, mi domando se la distillazione non rischi di diventare una corsa al ribasso. Ottimizzare è sacrosanto, ma fino a che punto possiamo comprimere un modello senza comprometterne l’affidabilità? E se i pregiudizi del "maestro" si trasferissero allo "studente", come un’eredità scomoda, non staremmo forse perpetuando errori del passato in una forma più subdola, perché meno visibile?
Infine, mi colpisce il paradosso di fondo: la distillazione promette di democratizzare l’AI, ma al tempo stesso alimenta una guerra tra titani che potrebbero finire per rafforzare le loro difese, rendendo la tecnologia ancora più esclusiva. È un equilibrio possibile, o solo un’utopia? Forse, come in ogni processo di distillazione, il segreto sta nel trovare la giusta temperatura: né troppo fredda da bloccare il progresso, né troppo calda da bruciare ciò che di prezioso abbiamo creato. Ma chi sarà a regolare il fuoco?
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Analista indipendente, opero con passione per la verità e l’informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti dopo il praticantato, ho scelto di cancellarmi per coerenza etica in relazione ad esperienze con figure istituzionali. Laureata con lode in Architettura e Urbanistica, ho affinato la mia analisi tra studi professionali, cantieri navali e ricerca tecnologica. Ho collaborato con testate come Il Foglio, L’Espresso e Il Sole 24 Ore, contribuendo con articoli e analisi. Da tre anni curo una rubrica di tecnologia negli spazi dell’Istituto Bruno Leoni, approfondendo temi di innovazione e analisi. Co-autrice e curatrice del libro “Intelligenza Artificiale: cos’è davvero” con prefazione di Piero Angela, per Bollati Boringhieri.