Tech e Privacy - Tecno-oligachia: il potere che plasma il futuro - II settimana di maggio 2025
di Claudia Giulia Ferraùto - 16 maggio 2025
Questo articolo fa parte della Newsletter settimanale “Tech e Privacy”
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SOMMARIO dei temi della settimana + APPROFONDIMENTI singoli
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LA SINTESI GENERALE:
Tecno-oligachia: il potere che plasma il futuro
Questa settimana, la nostra newsletter esplora un tema cruciale: la tecnologia non è solo innovazione, ma un’arena di potere dove si scontrano interessi economici, dilemmi etici e ambizioni geopolitiche. Dalle pressioni protezionistiche di Trump su Apple alla rivoluzione neurotecnologica di Neuralink, dai miliardi sauditi che finanziano l’AI americana al chatbot sociale di Meta, ogni storia rivela una sfida comune: come bilanciare progresso e responsabilità in un mondo interconnesso? Ecco i temi che raccontano questa tensione.
Perché questi temi contano
Questi quattro casi - dalla produzione di iPhone alla fusione tra mente e macchina, dagli accordi con gli sceicchi al futuro dei chatbot - mostrano come la tecnologia sia un campo di battaglia dove si decidono il potere economico, l’equità sociale e la stabilità globale. Le scelte di oggi, tra protezionismo, innovazione e alleanze strategiche, plasmeranno il nostro domani. La vera sfida? Garantire che il progresso non sacrifichi etica e responsabilità.
MAGA nel deserto: tecnologia USA e miliardi sauditi
La missione di Trump in Arabia Saudita unisce capitali del Golfo e colossi tech per dominare l’AI, con accordi da 600 miliardi di dollari. Ma l’uso dell’AI per la sorveglianza in regimi autoritari, l’impatto ambientale dei data center e la dipendenza da fondi stranieri sollevano dilemmi etici e geopolitici. È questa la nuova frontiera dell’“America First”?
Neuralink: il pensiero che diventa azione
Neuralink permette a pazienti con SLA di comunicare con la mente, trasformando vite con interfacce cervello-computer. Tuttavia, le sfide tecniche, come la perdita di segnale degli elettrodi, e i rischi etici, come la privacy dei dati neurali e l’accessibilità limitata, sollevano interrogativi sul futuro di questa tecnologia. È una promessa di emancipazione o un lusso per pochi?
Meta AI: il chatbot che vuole essere social
Meta AI lancia un’app con un feed pubblico di interazioni, trasformando il chatbot in un’esperienza sociale. Ma la condivisione di conversazioni con l’AI rischia di amplificare superficialità e problemi di privacy, soprattutto alla luce del passato controverso di Meta nella gestione dei dati. Può un’AI sociale conquistare un mercato dominato da ChatGPT?
Trump contro la produzione di Apple in Asia: prosegue la pressione per un iPhone ‘Made in USA’
Trump spinge Apple a produrre negli Stati Uniti, ma i dazi e la dipendenza da supply chain globali, come quella indiana, rendono il sogno costoso e complesso, con rischi economici e geopolitici. Spostare la produzione da Cina e India agli USA potrebbe triplicare i costi degli iPhone, alienare partner strategici come Nuova Delhi e destabilizzare un’economia globale ottimizzata per l’efficienza.
QUI DI SEGUITO TUTTI GLI APPROFONDIMENTI DELLA SETTIMANA
MAGA in the Desert: l’America di Trump tra capitali del Golfo e oligarchi tech
Introduzione: un nuovo gioco di potere
Lo slogan “Make America Great Again” (MAGA) non è più solo un grido elettorale, ma il simbolo di una complessa alleanza economica e geopolitica. La missione “MAGA in the Desert”, culminata nel Saudi-US Investment Forum di Riyadh (13-14 maggio 2025), vede Donald Trump affiancato da titani tech come Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Fink e Sam Altman. Atterrati in Arabia Saudita l’11 maggio, hanno siglato accordi per 600 miliardi di dollari, puntando su intelligenza artificiale (AI), difesa e tecnologia (New York Post). Ma dietro il luccichio degli investimenti si celano interrogativi su sovranità, etica e potere. Questo testo esplora il contesto, gli accordi, gli attori coinvolti e le implicazioni, con una riflessione critica su una strategia che intreccia capitali degli sceicchi e ambizioni dei nuovi oligarchi tech.
Il quadro: accordi miliardari e strategie globali
La missione di Trump a Riyadh, riportata da New York Post e France 24, ha segnato un punto di svolta nei rapporti USA-Golfo. Gli accordi, siglati durante il forum e un summit del Gulf Cooperation Council (GCC), coprono settori strategici: Nvidia e AMD forniranno chip per data center sauditi ed emiratini dedicati all’AI, con un potenziale export di un milione di chip agli Emirati (Gulf Insider). Elon Musk ha negoziato l’uso di Starlink per aviazione e navigazione marittima, rafforzando la connettività regionale (New York Post). Sul fronte militare, il Dipartimento della Difesa USA ha autorizzato una vendita di missili AIM-120C-8 per 3,5 miliardi di dollari all’Arabia Saudita (New York Post).
Questi patti riflettono l’agenda “America First” di Trump, che ha esentato i Paesi del Golfo dai dazi del 10-49% imposti a Europa e Cina, favorendo partnership bilaterali (France 24). Il fondo sovrano saudita (PIF) ha intensificato gli investimenti in USA, seguendo il precedente del 2022, quando ha versato 2 miliardi di dollari nella società di Jared Kushner (France 24). Trump ha annunciato un piano da 500 miliardi per l’AI, criticato da Musk per la vaghezza sui finanziamenti. Tuttavia, il Congresso e il Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS) supervisionano questi accordi, anche se la loro influenza appare limitata di fronte alla spinta politica (France 24). Questo intreccio tra governo, corporation e capitali esteri evidenzia una strategia sistemica per competere con la Cina nella corsa tecnologica.
Attori e interessi: chi muove i fili
La missione coinvolge un mosaico di attori con interessi economici e geopolitici:
Amministrazione Trump: Trump è il volto pubblico, ma il suo entourage, incluso Kushner, opera in un sistema che coinvolge Congresso, Dipartimento del Commercio e CFIUS. Kushner, legato al PIF, solleva timori di conflitti di interesse (France 24).
Oligarchi tech: Musk (SpaceX, Tesla), Zuckerberg (Meta), Fink (BlackRock) e Altman (OpenAI) rappresentano il potere delle corporation. Musk espande Starlink, Zuckerberg punta sulla comunicazione digitale, Fink guida investimenti infrastrutturali e Altman plasma l’AI (New York Post). Nvidia e AMD, con i loro chip, sono pilastri della rivoluzione tecnologica (Gulf Insider).
Paesi del Golfo: Arabia Saudita ed Emirati, attraverso il PIF, cercano tecnologia e influenza, diversificando le loro economie. In cambio, offrono capitali e un’alleanza contro l’Iran (France 24).
Nuova élite economica: Imprenditori come Musk e aziende come Palantir sfruttano il protezionismo di Trump e i capitali esteri per consolidare il loro potere (New York Post).
Gli interessi convergono su accesso a mercati, contenimento dell’Iran e leadership tecnologica, ma il peso delle corporation e i legami personali di Kushner sollevano dubbi su trasparenza e sovranità.
L’AI: innovazione o arma a doppio taglio?
L’AI è il cuore degli accordi, con data center sauditi ed emiratini destinati a fare del Golfo un hub tecnologico (Gulf Insider). Tuttavia, in regimi autoritari, l’AI alimenta la sorveglianza: l’Arabia Saudita usa sistemi di riconoscimento facciale per monitorare dissidenti, mentre gli Emirati gestiscono reti come “Falcon Eye” (Amnesty International). Questi precedenti suggeriscono che i nuovi data center potrebbero amplificare la repressione, sollevando dilemmi etici. L’assenza di normative globali lascia spazio a rischi, come sottolineato da France 24.
L’impatto ambientale è altrettanto critico. Un data center AI può consumare 1 gigawatt, pari al fabbisogno di una piccola città, aggravando la crisi climatica (post su X).
Starlink ha un potenziale uso militare, mentre Meta e OpenAI potrebbero influenzare comunicazione ed etica dell’AI nel Golfo (New York Post). Questi sviluppi richiedono una governance internazionale, al momento inesistente.
Implicazioni sistemiche ed etiche
“MAGA in the Desert” non è solo una missione di Trump, ma un riflesso del capitalismo globale, dove corporation e governi si intrecciano. I benefici economici, come i posti di lavoro promessi negli USA, rischiano di favorire élite, mentre nel Golfo le ricadute per le popolazioni locali potrebbero essere limitate (France 24). La base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe criticare l’alleanza con sceicchi e multinazionali, erodendo il consenso (ZeroHedge). Inoltre, il sostegno USA alla coalizione saudita nello Yemen, citato dal Japan Times, suggerisce uno scambio tra capitali e supporto geopolitico, con implicazioni destabilizzanti.
A mio parere
La missione “MAGA in the Desert”, il Saudi-US Investment Forum di Riyadh (13-14 maggio 2025), rappresenta un’ambiziosa mossa dell’amministrazione Trump per rafforzare la leadership economica e tecnologica degli Stati Uniti attraverso alleanze con il Golfo. Con la partecipazione di colossi come Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Fink e Sam Altman, l’evento promette accordi da 600 miliardi di dollari in difesa, AI, tecnologia e sanità (New York Post). Tuttavia, dietro il luccichio degli investimenti si nascondono contraddizioni geopolitiche, etiche e sociali che meritano un’analisi approfondita.
Un’agenda “America First” tra potere e corporation
Soprannominata “MAGA in the Desert”, la conferenza incarna la visione “America First” di Trump, che unisce politica estera e interessi privati. La presenza di CEO di Tesla, Meta, BlackRock e OpenAI, insieme a funzionari come Scott Bessent e Howard Lutnick, segnala un’alleanza tra governo e corporation per attrarre investimenti negli USA (Gulf Insider). L’obiettivo, come dichiarato da una fonte, è “creare posti di lavoro negli Stati Uniti” attraverso accordi come la vendita di missili da 3,5 miliardi di dollari all’Arabia Saudita (New York Post). Tuttavia, la forte influenza di figure come Jared Kushner, legato al fondo sovrano saudita, solleva timori di conflitti di interesse, con la famiglia Trump al centro di un “impero del Golfo” (France 24). Questo intreccio tra affari personali e politica estera rischia di offuscare la trasparenza.
Geopolitica: un gioco ad alto rischio
L’evento si inserisce in una strategia per contrastare l’influenza cinese nel Medio Oriente, dove Pechino ha guadagnato terreno nelle infrastrutture digitali (France 24). Trump punta a una rete di alleanze tecnologiche con il Golfo per escludere competitor, ma ciò potrebbe inasprire le tensioni con l’Iran, destabilizzando la regione. La dipendenza da capitali sauditi ed emiratini, come i 2 miliardi investiti nella società di Kushner, contraddice la retorica nazionalista di MAGA, esponendo gli USA a influenze esterne (France 24). Inoltre, i Paesi del Golfo, legandosi a tecnologie americane, rischiano vulnerabilità politiche, mentre cercano armi e AI per rafforzare il loro peso globale (ZeroHedge).
Il ruolo di Musk e Starlink
Elon Musk emerge come figura centrale, con l’accordo per espandere Starlink in aviazione e navigazione marittima (New York Post). Questo riflette la sua capacità di intrecciare interessi privati con la politica internazionale, ma la natura dual-use (civile e militare) di Starlink solleva preoccupazioni su sicurezza e sovranità, soprattutto in un contesto geopolitico volatile. La presenza di Musk, insieme ad altri CEO, sottolinea il peso del settore privato nell’agenda di Trump, ma alimenta il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere (France 24).
Questioni etiche dell’AI e della sorveglianza
L’AI è il fulcro degli accordi, con Nvidia e AMD che guidano la costruzione di data center in Arabia Saudita ed Emirati (Gulf Insider). Tuttavia, la collaborazione con regimi noti per usare l’AI nella sorveglianza di massa pone dilemmi etici. Senza normative globali, queste tecnologie rischiano di amplificare violazioni dei diritti umani (France 24). I media, come Class CNBC, tendono a celebrare gli aspetti economici, trascurando le implicazioni etiche, mentre i post sui social - in particolare, guarda caso, sulla piattaforma di Musk - esaltano l’evento come un trionfo economico senza approfondire i rischi.
Impatto ambientale e sociale
I data center, simboli della corsa all’AI, consumano enormi quantità di energia, contribuendo alla crisi climatica. Inoltre, i benefici economici degli accordi rischiano di favorire élite locali e corporation, lasciando poche ricadute per le popolazioni del Golfo (France 24). Negli USA, la base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe criticare l’alleanza con sceicchi e multinazionali, erodendo il consenso interno, soprattutto se i posti di lavoro promessi non si materializzeranno (ZeroHedge).
Conclusione: MAGA in the Desert, un’audace scommessa tra innovazione e instabilità
“MAGA in the Desert” segna un capitolo cruciale nella competizione tecnologica globale, un’audace mossa dell’America di Trump per rafforzare la sua egemonia economica e contrastare l’ascesa della Cina. Gli accordi da 600 miliardi di dollari siglati a Riyadh, con l’intelligenza artificiale (AI) e la tecnologia al centro, promettono innovazione e posti di lavoro negli USA, ma il prezzo è alto. Tensioni geopolitiche, rischi di sorveglianza di massa, impatti ambientali e conflitti di interesse – incarnati da figure come Jared Kushner e la sua rete di capitali sauditi – minacciano di trasformare questa “oasi di investimenti” in un miraggio di instabilità.
L’AI, pilastro della missione, è una lama a doppio taglio: può rivoluzionare il futuro, ma senza una governance internazionale rischia di amplificare disuguaglianze e repressione, specialmente in regimi che già usano la tecnologia per il controllo. Figure come Elon Musk, con Starlink, e altri oligarchi tech come Zuckerberg e Altman, incarnano un’era in cui il confine tra pubblico e privato si dissolve, sollevando domande sulla sovranità e sull’etica. La base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe storcere il naso di fronte a queste alleanze con sceicchi e corporation, mettendo a rischio il consenso interno (ZeroHedge).
La sfida per Trump e i suoi alleati - chiunque essi siano in questi tempi così incerti - sarà bilanciare ambizioni economiche con responsabilità globali. Gli accordi con il Golfo offrono opportunità, ma il loro successo dipenderà dalla capacità di gestire i rischi etici, ambientali e geopolitici. In un mondo interconnesso, dove capitali stranieri e potere tecnologico ridefiniscono le regole, “MAGA in the Desert” è una scommessa audace che potrebbe plasmare il futuro o precipitare in un gioco pericoloso di instabilità.
Un ponte tra mente e macchina: Neuralink e la rivoluzione delle interfacce cervello-computer
Immaginate di accendere una lampadina, scrivere un messaggio o creare un video su YouTube con il solo potere del pensiero. Non è fantascienza, ma la realtà che Neuralink, l’azienda di Elon Musk, sta plasmando. Con la recente designazione di "Breakthrough Device" dalla FDA e risultati clinici straordinari, Neuralink sta ridefinendo i confini tra mente e macchina. Ma quali sono i veri progressi? E quali rischi comporta questa rivoluzione? Ecco un’analisi aggiornata, basata su fonti autorevoli e studi del 2025, con una riflessione critica finale.
I traguardi di Neuralink: dalla teoria alla pratica
Neuralink ha fatto passi da gigante nelle interfacce cervello-computer (BCI). Il 1° maggio 2025, la FDA ha riconosciuto il suo dispositivo come "Breakthrough Device" per il potenziale di ripristinare la comunicazione in pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ictus o lesioni spinali (Osservatorio Terapie Avanzate). Il terzo paziente, Bradford Smith, 46 anni, affetto da SLA, ha dimostrato il potere della tecnologia: usando solo il pensiero, controlla un computer, genera una voce sintetica basata su vecchie registrazioni e crea contenuti digitali (La Repubblica). Un altro paziente, il 7 maggio 2025, ha persino realizzato un video su YouTube con segnali neurali, un risultato definito “storico” (Nature).
Questi successi seguono il primo impianto umano del marzo 2024, quando Nolan, tetraplegico, ha giocato a scacchi con la mente (Osservatorio Terapie Avanzate). Studi accademici confermano l’efficacia: il dispositivo decodifica segnali neurali con un’accuratezza del 90% dopo un mese di addestramento, consentendo comandi complessi (Frontiers in Neuroscience, 2025). Tuttavia, la perdita di segnale del 10-15% dopo sei mesi rimane una sfida (Journal of Neural Engineering, 2025).
Come funziona: la tecnologia dietro il “miracolo”
Il cuore di Neuralink è un impianto cerebrale con 1024 elettrodi, inserito con un robot chirurgico che garantisce precisione sovrumana. Gli elettrodi registrano l’attività neuronale, tradotta da un software in comandi digitali, come muovere un cursore o generare testo. Musk prevede che entro cinque anni questi robot supereranno i migliori chirurghi (Osservatorio Terapie Avanzate). Rispetto a concorrenti come Blackrock Neurotech e Synchron, Neuralink eccelle per la densità di elettrodi, ma la chirurgia invasiva ne limita la scalabilità (Nature Reviews Neuroscience, 2025).
Applicazioni e sogni futuri
Neuralink non si limita a restituire la comunicazione. Studi su The Lancet Neurology (2025) suggeriscono che la stimolazione cerebrale guidata dall’AI potrebbe rivoluzionare il trattamento di Parkinson ed epilessia, superando i dispositivi tradizionali. Un paziente con sindrome locked-in ha generato testo a 20 parole al minuto, battendo le tecnologie basate su eye-tracking (IEEE Transactions on Biomedical Engineering, 2025). Musk guarda oltre: il prossimo obiettivo è ripristinare la vista per i ciechi, aprendo la porta al potenziamento umano e all’integrazione con l’AI (Nature).
Sfide tecniche ed etiche
Nonostante i progressi, le sfide tecniche persistono. L’elaborazione in tempo reale dei segnali neurali richiede un elevato consumo energetico, limitando l’autonomia del dispositivo (NeuroImage, 2025). Inoltre, la durata degli elettrodi è un problema: dopo sei mesi, la perdita di segnale riduce l’efficacia (Journal of Neural Engineering, 2025).
Le questioni etiche sono ancora più complesse. La raccolta di dati neurali solleva rischi di abusi commerciali o governativi, soprattutto senza normative globali (Ethics and Information Technology, 2025). La trasparenza di Neuralink è sotto accusa: un post su X del febbraio 2025 critica la scarsità di dati clinici peer-reviewed, suggerendo che l’azienda privilegi l’effetto mediatico (Osservatorio Terapie Avanzate). Inoltre, video generati da AI senza chiara etichettatura alimentano disinformazione (Nature). L’accessibilità è un’altra preoccupazione: il costo elevato potrebbe rendere la tecnologia un privilegio per pochi, amplificando le disuguaglianze.
La comunità scientifica: tra entusiasmo e cautela
La comunità scientifica è divisa. Alcuni ricercatori lodano Neuralink per aver accelerato l’innovazione nelle BCI, ma altri chiedono maggiore rigore e trasparenza. La promessa di migliorare la vita di milioni è tangibile, ma serve un approccio inclusivo per evitare che la tecnologia diventi elitaria (Nature).
A mio parere
Neuralink è una frontiera tanto entusiasmante quanto controversa. I risultati del 2025, come il caso di Bradford Smith che torna a comunicare o il paziente che crea video con il pensiero, dimostrano che siamo all’alba di una rivoluzione neurotecnologica. Per chi vive con gravi disabilità, questa tecnologia è una speranza concreta, un ponte verso una vita più autonoma. Tuttavia, le sfide non mancano.
Tecnicamente, l’efficienza energetica e la durata degli elettrodi richiedono innovazioni urgenti.
Eticamente, la privacy dei dati neurali e l’equità nell’accesso sono questioni cruciali: senza normative robuste, Neuralink rischia di diventare un lusso per ricchi o, in altri contesti, uno strumento di controllo.
La narrazione di Musk, visionaria e audace, cattura l’immaginazione, ma la scarsa trasparenza e il rischio di disinformazione (come i video AI non etichettati) alimentano scetticismo. La scienza ci ha dato uno strumento potente; ora spetta alla società usarlo con responsabilità. Neuralink può trasformare il futuro, ma solo se accompagnato da un impegno globale per l’inclusività e la governance etica.
Un’intelligenza sociale: Meta AI e la nuova frontiera dei chatbot
Immaginate di aprire un’app e trovarvi immersi in un flusso di conversazioni tra utenti e intelligenza artificiale: richieste stravaganti, immagini di salotti ricoperti di caramelle, e dialoghi che oscillano tra il curioso e l’assurdo. Questo è il mondo di Meta AI, l’app standalone lanciata da Meta il 30 aprile 2025 per competere con colossi come ChatGPT. Con un feed sociale che mostra come gli utenti interagiscono con l’AI, Meta sta cercando di ridefinire il modo in cui usiamo i chatbot. Ma cosa dicono le fonti autorevoli su questo lancio? E quali implicazioni porta con sé? Questo report esplora il debutto di Meta AI, integrando informazioni da articoli recenti e analisi critiche.
Il lancio di Meta AI: un chatbot con un tocco sociale
Meta AI, presentato ufficialmente al LlamaCon event il 30 aprile 2025, segna un passo audace dell’azienda nel mercato dell’intelligenza artificiale. Dopo aver integrato il suo chatbot in WhatsApp, Instagram, Facebook e Messenger, Meta ha deciso di lanciarlo come app standalone, disponibile per iOS e Android. L’app si distingue per il suo “Discover feed”, una funzionalità che permette agli utenti di condividere pubblicamente le loro interazioni con l’AI, creando una sorta di social network delle conversazioni artificiali. Secondo The Verge, oltre a generare contenuti e rispondere a domande, Meta AI consente di esplorare come altre persone utilizzano l’intelligenza artificiale, trasformando l’esperienza del chatbot in qualcosa di collettivo e visibile. L’app si integra anche con i Ray-Ban smart glasses di Meta, offrendo un’interfazione hands-free per accedere all’AI. Per il lancio, Meta ha collaborato con creator per popolare il feed, un’operazione strategica per attirare l’attenzione e dimostrare le potenzialità dell’app, come riportato da Business Insider.
Un feed pubblico: tra innovazione e imbarazzo
Il Discover feed è il cuore distintivo di Meta AI, ma anche la sua caratteristica più controversa. The Verge descrive il feed come “goffo e cringe”, pieno di prompt pubblici che spaziano dal bizzarro al banale, come richieste di immagini di “salotti incrostati di caramelle”. L’impressione è che molti utenti non sappiano ancora perché utilizzare un chatbot, e il feed riflette questa confusione. Business Insider si chiede se il pubblico voglia davvero vedere le conversazioni altrui, sollevando dubbi sull’attrattiva di questa funzionalità. Nonostante le critiche, Meta sembra puntare sul feed per creare un’esperienza unica. Der Spiegel sottolinea che l’app non si limita a offrire un assistente personale, ma rende le interazioni con l’AI una sorta di spettacolo pubblico, un’idea che potrebbe attrarre chi cerca ispirazione o intrattenimento. Tuttavia, la condivisione pubblica solleva interrogativi sulla privacy e sulla moderazione dei contenuti, soprattutto considerando il passato di Meta con dati sensibili.
Strategia commerciale e prospettive future
Meta non si limita a lanciare un’app gratuita. Durante una recente earnings call, Mark Zuckerberg ha annunciato piani per un “premium service” che offrirà maggiore potenza di calcolo e funzionalità avanzate, insieme all’introduzione di annunci pubblicitari nell’app. Questo suggerisce che Meta AI potrebbe seguire un modello freemium, simile a quello di altre piattaforme AI come ChatGPT. Inoltre, l’azienda sta investendo massicciamente nell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di integrarla sempre più nei suoi prodotti, dai social media alla realtà virtuale.
Il contesto competitivo è feroce. Con OpenAI che domina il mercato con ChatGPT, Google che spinge Gemini, e Microsoft che sviluppa Copilot, Meta AI deve trovare un modo per distinguersi. Il Discover feed e l’integrazione con dispositivi come gli smart glasses potrebbero essere i suoi assi nella manica, ma il successo dipenderà dalla capacità di offrire un’esperienza coerente e utile. The Verge evidenzia che, nonostante la concorrenza, Meta sta cercando di differenziarsi con un approccio social e interattivo, ma la sfida sarà dimostrare che queste innovazioni rispondono a un bisogno reale degli utenti.
Critiche e precedenti di Meta
Il lancio di Meta AI non è privo di ombre. The Verge ricorda che Meta ha già affrontato critiche per la gestione dei dati, con l’ammissione che tutti i post pubblici su Facebook e Instagram dal 2007 sono stati usati per addestrare i suoi modelli AI. Inoltre, un esperimento con profili di bot generati dall’AI su Instagram e Facebook, annunciato nel 2023, è stato accolto freddamente dagli utenti, che lo hanno definito “non richiesto”. Questi precedenti alimentano lo scetticismo sul nuovo feed sociale di Meta AI, soprattutto in un momento in cui la fiducia nei confronti delle big tech è fragile.
Un post su X del 2 maggio 2025 riflette il sentiment misto: alcuni utenti trovano il feed “divertente ma inutile”, mentre altri lo considerano un tentativo maldestro di rendere l’AI più “umana”. La sfida per Meta sarà bilanciare l’innovazione con la necessità di evitare passi falsi che possano alienare il pubblico.
A mio parere
Meta AI rappresenta un esperimento audace, che cerca di trasformare i chatbot da strumenti personali a esperienze condivise. Il Discover feed, con il suo mix di creatività e caos, cattura l’essenza di un’umanità che sta ancora imparando a dialogare con l’intelligenza artificiale. Tuttavia, il progetto solleva interrogativi profondi. La condivisione pubblica delle interazioni con l’AI rischia di normalizzare la sorveglianza dei dati personali, soprattutto considerando il track record di Meta. Inoltre, il feed sociale potrebbe amplificare contenuti superficiali o fuorvianti, come già accaduto con altri algoritmi della piattaforma. In un’epoca in cui l’AI sta ridefinendo il nostro rapporto con la tecnologia, Meta AI ci sfida a chiederci: vogliamo davvero un’intelligenza artificiale che sia anche un palcoscenico sociale? Il futuro di Meta AI dipenderà dalla sua capacità di rispondere a questa domanda con trasparenza e responsabilità, evitando di sacrificare la fiducia degli utenti sull’altare dell’innovazione.
La pressione di Trump su Apple
Durante un summit a Doha il 14 maggio 2025, Trump ha affrontato il CEO di Apple, Tim Cook, esprimendo il suo disappunto per il piano dell’azienda di espandere la produzione di iPhone in India per il mercato statunitense. “Abbiamo lasciato che costruissi impianti in Cina per anni, ora vogliamo che produci negli States”, avrebbe detto Trump, secondo The Guardian. Il presidente ha aggiunto che Apple starebbe “aumentando” la produzione negli USA, senza però fornire dettagli concreti.
Questa mossa si inserisce nella strategia di Trump di usare dazi e pressioni politiche per riportare posti di lavoro in America. Le sue tariffe, parte di una politica di “reciproco protezionismo”, colpiscono Cina (54%, ridotti da un massimo del 145% per gli smartphone), India (26%, temporaneamente sospeso per 90 giorni) e Vietnam (46%). Apple, che assembla l’85% degli iPhone in Cina, sta diversificando la sua supply chain verso India e Vietnam per ridurre la dipendenza da Pechino. In India, l’azienda punta a produrre il 25% degli iPhone globali entro pochi anni, con oltre 60 milioni di dispositivi destinati agli USA entro il 2026 (The Guardian).
L’India come alternativa strategica
Apple ha intensificato la produzione in India dal 2017, iniziando con modelli base e passando di recente a iPhone Pro e Pro Max. Oggi, il 20% della produzione globale di iPhone avviene in India, dove l’azienda ha anche avviato una joint venture da 433 milioni di dollari con Foxconn e HCL Group per produrre chip (CNBC). A marzo 2025, Apple ha spedito 600 tonnellate di iPhone (circa 1,5 milioni di dispositivi) dall’India agli USA con voli cargo per aggirare i dazi (Reuters).
L’India offre manodopera qualificata, costi competitivi e un mercato in crescita, oltre al sostegno del governo locale. Spostare la produzione qui è una mossa strategica per Apple, soprattutto in un contesto di tensioni geopolitiche con la Cina. Tuttavia, Trump vede questa transizione come un ostacolo alla sua visione di un’America manifatturiera.
Un iPhone “Made in USA”: si può fare davvero?
L’idea di un iPhone prodotto interamente negli Stati Uniti è un simbolo potente per l’agenda “America First” di Trump. La Casa Bianca sostiene che gli USA hanno “la forza lavoro e le risorse” per riuscirci, citando l’investimento di 500 miliardi di dollari di Apple nel paese (Bloomberg). Tuttavia, questo include principalmente componenti e un nuovo stabilimento per server AI a Houston, non la produzione di massa di iPhone.
Gli esperti sono scettici. Già alcune settimane fa in questo Settimanale avevo riportato una stima che valutava l’idea di un iPhone prodotto negli USA: costerebbe tra 1.500 e 3.500 dollari, rispetto agli attuali 1.000-1.200, a causa di salari elevati e della mancanza di un ecosistema manifatturiero avanzato . Ci vorrebbero anni per costruire le infrastrutture necessarie. Fraser Johnson della Ivey Business School evidenzia l’assenza di una forza lavoro flessibile e infrastrutture adeguate negli USA (The Guardian).
Spostare anche solo il 10% della supply chain asiatica negli Stati Uniti richiederebbe tre anni e 30 miliardi di dollari, con gravi interruzioni produttive (Wedbush Securities). Inoltre, un iPhone è composto da oltre 1.000 componenti provenienti da 50 paesi, rendendo una produzione interamente domestica quasi impossibile senza un intervento massiccio. Oggi, Apple produce solo il Mac Pro negli USA, un prodotto di nicchia con volumi bassi, e non ha annunciato piani concreti per gli iPhone.
Impatti economici e geopolitici
Le tariffe di Trump hanno già scosso Apple, che ad aprile 2025 ha perso 300 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato (CNBC). Per mitigare i costi, l’azienda potrebbe aumentare i prezzi (fino al 17-18%, secondo Morgan Stanley) o ridurre i margini di profitto, rischiando però di perdere competitività in un mercato degli smartphone già saturo.
Geopoliticamente, forzare Apple ad abbandonare l’India potrebbe alienare un partner strategico come Nuova Delhi, che sta investendo per diventare un hub manifatturiero alternativo alla Cina (BBC). Inoltre, la produzione in India ha creato decine di migliaia di posti di lavoro, anche se in condizioni spesso criticate (Gizmodo). Negli USA, invece, nuove fabbriche sarebbero probabilmente altamente automatizzate, limitando l’impatto sull’occupazione.
A mio parere
L’idea di un iPhone “Made in USA” è forse suggestiva, ma irrealistica nel breve/medio termine. Trump parla di fabbriche americane, ma la realtà di Apple è radicata in un’economia globale interdipendente. La sfida per l’azienda e gli Stati Uniti sarà bilanciare ambizioni protezionistiche con la necessità di innovazione, accessibilità e stabilità economica.
Una sfida sistemica
La retorica di Trump semplifica un problema complesso. La supply chain globale di Apple, ottimizzata per costi ed efficienza, è il risultato di decenni di globalizzazione. Spostare la produzione negli USA non è solo una questione di volontà politica, ma richiede un ripensamento dell’economia globale.
La visione di Trump risponde però a un sentimento reale: la perdita di posti di lavoro manifatturieri negli USA, colpiti dalla globalizzazione. Riportare la produzione potrebbe creare occupazione, ma a costi proibitivi. Un iPhone da 3.500 dollari, come stimato dagli analisti, sarebbe inaccessibile per molti, riducendo la domanda e danneggiando Apple, un colosso dell’economia americana. Inoltre, la mancanza di infrastrutture e competenze specializzate negli Stati Uniti rende questo obiettivo più simbolico che praticabile.
Geopoliticamente, forzare Apple ad abbandonare l’India ignora il ruolo strategico di questo paese come alternativa alla Cina. Con un mercato in crescita e il sostegno governativo, come il progetto Foxconn da 433 milioni di dollari, l’India è cruciale per diversificare la supply chain di Apple (BBC). Un ritorno forzato negli USA rischierebbe di rallentare questa transizione e di alienare un partner chiave come Nuova Delhi.
Sul piano etico, la retorica di Trump sottovaluta le implicazioni sociali. La produzione in India ha creato migliaia di posti di lavoro, sebbene in condizioni spesso criticate (Gizmodo). Negli USA, nuove fabbriche sarebbero probabilmente automatizzate, limitando l’impatto sull’occupazione. Inoltre, smantellare le supply chain globali, che hanno sostenuto decenni di crescita economica, potrebbe innescare una recessione autoinflitta.
Il dibattito Trump-Cook rischia di oscurare le dinamiche sistemiche. Apple non è solo una vittima delle tariffe, ma un attore globale abile nel navigare pressioni politiche ed economiche. La sua storia di esenzioni dai dazi suggerisce che potrebbe mitigare gli impatti anche ora. Tuttavia, il rischio a lungo termine è un mondo frammentato da guerre commerciali, che eroderebbe l’efficienza delle supply chain, penalizzando consumatori e lavoratori globali.
In conclusione, un iPhone “Made in USA” richiederebbe un ripensamento talmente radicale dell’economia globale, da renderlo incompatibile con la realtà del capitalismo moderno. Apple dovrà trovare un equilibrio tra le pressioni di Trump e le dinamiche internazionali, senza compromettere il suo modello di business o il mercato globale.
Grazie di aver letto IL Settimanale "Tech e Privacy" di Claudia Giulia.
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Analista indipendente, opero con passione per la verità e l’informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti dopo il praticantato, ho scelto di cancellarmi per coerenza etica in relazione ad esperienze con figure istituzionali. Laureata con lode in Architettura e Urbanistica, ho affinato la mia analisi tra studi professionali, cantieri navali e ricerca tecnologica. Ho collaborato con testate come Il Foglio, L’Espresso e Il Sole 24 Ore, contribuendo con articoli e analisi. Da tre anni curo una rubrica di tecnologia negli spazi dell’Istituto Bruno Leoni, approfondendo temi di innovazione e analisi. Co-autrice e curatrice del libro “Intelligenza Artificiale: cos’è davvero” con prefazione di Piero Angela, per Bollati Boringhieri.
Fonti principali:
The Verge (Meta’s AI app is a nightmarish social feed): https://www.theverge.com/2025/5/5/660543/meta-ai-app-social-feed
The Verge (Meta releases AI app to compete with ChatGPT): https://www.theverge.com/2025/4/30/660222/meta-ai-app-chatgpt-competitor
The Verge (Mark Zuckerberg is planning a premium tier and ads for Meta’s AI app): https://www.theverge.com/2025/5/1/660369/mark-zuckerberg-meta-ai-app-premium-tier-ads
The Verge (Meta): https://www.theverge.com/meta
The Verge (Artificial Intelligence): https://www.theverge.com/ai-artificial-intelligence
The Verge (Meta’s AI-generated bot profiles are not being received well): https://www.theverge.com/2025/1/3/657468/meta-ai-generated-bot-profiles-instagram-facebook
The Verge (Meta fed its AI on everything adults have publicly posted since 2007): https://www.theverge.com/2024/9/12/655593/meta-ai-training-data-facebook-instagram-public-posts
TechCrunch: https://techcrunch.com/2025/04/30/meta-launches-a-stand-alone-ai-app-to-compete-with-chatgpt/
Business Insider (Meta’s New AI App Lets You See Feed of Other People’s Conversations): https://www.businessinsider.com/meta-ai-app-social-feed-conversations-2025-5
Business Insider (Meta AI App Takes on OpenAI’s ChatGPT): https://www.businessinsider.com/meta-ai-app-chatgpt-competitor-creators-2025-4
ZDNET: https://www.zdnet.com/article/metas-new-ai-app-delivers-a-chatbot-with-a-social-media-twist/
CNBC: https://www.cnbc.com/2025/04/30/meta-launches-stand-alone-ai-app-to-take-on-chatgpt.html
About.fb.com: https://about.fb.com/news/2025/04/introducing-the-meta-ai-app/
https://www.cnbc.com/amp/2025/05/15/trump-told-tim-cook-he-doesnt-want-apple-building-iphones-in-india.html
https://www.cnbc.com/amp/2025/05/15/india-approves-apple-supplier-foxconns-433-million-chip-joint-venture.html
https://techcrunch.com/2025/05/15/trump-tells-apples-ceo-to-stop-expanding-iphone-production-in-india/
https://www.bbc.co.uk/news/articles/c8xqy8lvzl8o
https://gizmodo.com/as-trump-demands-companies-bring-jobs-to-u-s-apple-is-shifting-its-production-to-india-1851477506
https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-05-15/trump-wants-apple-to-stop-moving-iphone-production-to-india
https://www.reuters.com/technology/apple-airlifts-600-tons-iphones-india-beat-trump-tariffs-sources-say-2025-04-10/