Trump lancia USD1: il dollaro digitale che sfida il mondo (e l’euro)- I settimana di Aprile 2025
di Claudia Giulia Ferraùto
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Trump lancia USD1: il dollaro digitale che sfida il mondo (e l’euro)
Donald Trump è tornato sotto i riflettori, ma stavolta non per un comizio o una legge: il 25 marzo 2025 ha annunciato USD1, una moneta virtuale che promette di rivoluzionare gli scambi internazionali. Si tratta di una stablecoin, una criptovaluta dal valore fisso ancorata al dollaro USA, lanciata da World Liberty Financial (WLFI), azienda fondata nel settembre 2024 e controllata al 60% da Trump e dalla sua famiglia. L’obiettivo? Rafforzare il dominio del dollaro nel mondo, con un tocco hi-tech.
Ma mentre Trump punta al futuro, in Europa si risponde con l’euro digitale.
Ma come si intrecciano le due cose? Proviamo a fare un quadro.
Cos’è USD1 e come funziona
Immaginate una moneta digitale che vale sempre un dollaro, ma (almeno teoricamente) senza le montagne russe tipiche di Bitcoin. Questo è USD1: per ogni token emesso, WLFI garantisce di avere un dollaro (o titoli sicuri come i Treasuries americani) in riserva. Funziona su blockchain come Ethereum e Binance Smart Chain, reti che permettono transazioni rapide e globali. A gestire i soldi veri ci pensa BitGo, un’azienda specializzata in sicurezza digitale. L’idea è offrire a governi, banche e grandi investitori un modo per spostare capitali senza confini, in modo sicuro e veloce. Alcuni analisti, come riportato da Affaritaliani, ipotizzano che USD1 possa anche finanziare il debito USA bypassando la Federal Reserve, un’arma economica non da poco.
World Liberty Financial: chi c’è dietro
WLFI non è solo Trump. La società vede coinvolti i figli Donald Jr., Eric e Barron, oltre a Steve Witkoff, un magnate immobiliare amico di famiglia, e i suoi figli Zach e Alex. Ci sono poi Zachary Folkman e Chase Herro, esperti di criptovalute con un passato controverso: il loro vecchio progetto, Dough Finance, ha perso 2 milioni di dollari in un attacco hacker. Nonostante ciò, WLFI ha raccolto 550 milioni di dollari vendendo $WLFI, un token di “governance”. Come rivela Politico il 31 marzo 2025, la famiglia Trump ha preso il controllo della società, incassando la maggior parte di questi fondi, un dettaglio che alimenta sospetti di profitto personale. Tra gli investitori spicca Justin Sun, fondatore di Tron, che ha investito 30 milioni ed è diventato consulente.
Perché una stablecoin?
Le stablecoin non sono una novità: Tether e USDC, con miliardi in circolazione, dominano il mercato. Ma USD1 vuole distinguersi puntando su istituzioni e governi, non solo su piccoli investitori. Le riserve in Treasuries, che rendono fino al 5%, permettono a WLFI di guadagnare mentre offre stabilità. Trump, che si è autoproclamato “crypto president” nel 2024, vede in USD1 un’arma per mantenere gli USA al centro dell’economia mondiale. Non a caso, il lancio segue un ordine esecutivo della Casa Bianca del gennaio 2025 per la “sovranità del dollaro” digitale. Il Congresso sembra d’accordo: il GENIUS Act, per regolamentare le stablecoin, è in discussione e potrebbe essere legge entro l’estate.
Luci e ombre
USD1 deve affrontare giganti come Tether (143 miliardi di capitalizzazione) e USDC (60 miliardi). “Lanciare una stablecoin è facile, farla usare è un’altra storia”, dice Kevin Lehtiniitty di Borderless.xyz. La trasparenza è un problema: molti investitori di WLFI sono anonimi e gli audit delle riserve non hanno un calendario chiaro. Il ruolo di Trump solleva ulteriori dubbi: il 75% dei profitti di $WLFI va a una sua società, e la sospensione di cause contro alleati crypto come Justin Sun fa parlare di favoritismi.
Come riporta BeInCrypto il 29 marzo, senatori come Elizabeth Warren temono che Trump possa favorire USD1 con politiche ad hoc, complicando il GENIUS Act.
Intanto, il caso Signal del 27 marzo (Reuters) mostra falle nella sicurezza digitale dell’amministrazione, un rischio per la fiducia in USD1.
Euro digitale: la risposta europea
Parallelamente, l’Europa non sta a guardare. Fabio Panetta - Governatore della Banca d’Italia - ha annunciato il 31 marzo che l’euro digitale è in fase avanzata, con test al via nel 2025. L’obiettivo è garantire sovranità monetaria contro stablecoin private come USD1. A differenza del progetto di Trump, l’euro digitale sarà gestito da un’istituzione pubblica, senza conflitti d’interesse, e punterà a proteggere l’euro dalla dominance del dollaro digitale.
Cosa significa per noi
Per l’Italia, USD1 potrebbe essere una sfida. Giancarlo Giorgetti ha definito le stablecoin un’“arma sottile” degli USA per controllare la finanza globale. Al 2 aprile 2025, la fornitura di USD1 è di 3,5 milioni di dollari, un’inezia rispetto ai rivali. Ma se decollasse, potrebbe rafforzare il dollaro a scapito di altre valute. L’euro digitale, invece, offre un’alternativa istituzionale. Quale prevarrà? Dipenderà dalla fiducia: quella di USD1 poggia su Trump e WLFI, quella dell’euro digitale sulla BCE. E se la sicurezza digitale americana vacilla, come nel caso Signal, l’Europa potrebbe guadagnare terreno.
A mio parere
USD1 e l’euro digitale tengono in sospeso tra curiosità e scetticismo. Da un lato, l’idea di Trump è affascinante: una stablecoin che porta il dollaro nell’era digitale potrebbe davvero cambiare le regole del gioco, dando agli USA un vantaggio economico difficile da contrastare. Ma mi chiedo: quanto c’è di visione e quanto di interesse personale? Il fatto che la famiglia Trump controlli WLFI e incassi gran parte dei profitti non può non far riflettere. È una mossa per il bene dell’America o per il portafoglio di Mar-a-Lago? E poi, la sicurezza: se un’amministrazione che inciampa su Signal vuole gestire una moneta globale, posso davvero fidarmi?
Dall’altro lato, l’euro digitale sembra una risposta più solida, almeno sulla carta. Una moneta gestita dalla BCE, senza azionisti privati o magnati immobiliari dietro, dà un senso di stabilità. Ma anche qui i dubbi non mancano: sarà abbastanza agile da competere con USD1 o con giganti come Tether? E se l’Europa, con la sua burocrazia, arrivasse in ritardo a questa “guerra delle valute digitali”? Mi colpisce poi il contrasto tra le due visioni: Trump punta su un progetto audace, quasi spregiudicato, mentre l’Europa sceglie la prudenza istituzionale. Chi vincerà?
E poi c’è una domanda che resta sospesa, ma riguarda un piano percettivo: siamo davvero pronti per un mondo dove le monete non si toccano più, ma si affidano a codici e promesse? Riuscirà USD1 a conquistare il mondo o resterà un esperimento di Trump? L’euro digitale sarà la risposta definitiva a questa sfida? E se entrambi fallissero, chi riempirà il vuoto, magari una Cina che osserva in silenzio? Non ho risposte, solo un pensiero: in questa corsa al futuro, il rischio non è solo economico, ma anche umano. Perché una moneta, digitale o no, vale quanto la fiducia che le diamo. E quella, temo, nessuna blockchain può garantirla.
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Analista indipendente, opero con passione per la verità e l’informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti dopo il praticantato, ho scelto di cancellarmi per coerenza etica in relazione ad esperienze con figure istituzionali. Laureata con lode in Architettura e Urbanistica, ho affinato la mia analisi tra studi professionali, cantieri navali e ricerca tecnologica. Ho collaborato con testate come Il Foglio, L’Espresso e Il Sole 24 Ore, contribuendo con articoli e analisi. Da tre anni curo una rubrica di tecnologia negli spazi dell’Istituto Bruno Leoni, approfondendo temi di innovazione e analisi. Co-autrice e curatrice del libro “Intelligenza Artificiale: cos’è davvero” con prefazione di Piero Angela, per Bollati Boringhieri.